Ho salutato l’ultimo giorno del 2024 in compagnia di me stessa. Per anni sono andata in giro proclamando la mia insofferenza per queste celebrazioni forzate, per le domande solite sul “che fai” e il sentirsi in dovere di festeggiare e stare in compagnia. Per anni ho fantasticato sul mio ultimo dell’anno in solitudine, andando a letto alle dieci di sera e boicottando qualsiasi tipo di evento e per altrettanti anni son sempre venuta meno a questo proposito, ritrovandomi alla fine a fare sempre qualcosa, fosse anche una semplice cena in famiglia.
Stavolta no, dritta come un treno mi sono detta che avrei concluso l’anno così, visto che c’erano tutte le condizioni per farlo, anche perché magari un’occasione del genere quando mi ricapita? Come se per essere a posto nella vita dovessi aver superato l’esame di “Capodanno in solitaria” per dimostrare a me stessa e al mondo che non ho bisogno di niente e di nessuno (e quanto ego e bisogno di approvazione in questi pensieri) o come se non si potesse decidere, in qualunque momento e situazione, di trascorrerlo comunque da soli.
Tornando a noi, verso il calar della sera del 31 dicembre ho iniziato ad accorgermi delle prime note stonate che bussavano alla porta per dirmi che quello non era mica un giorno come tutti gli altri, mi ero illusa fosse così, avevo fatto tanto la spavalda ma era una menzogna. Luce soffusa, ho acceso una candela, mi sono stretta nella fedele coperta morbida a mo’ di coccola e ho iniziato a scrivere sulla mia agenda perché nella testa e nel corpo iniziavo ad avvertire una sottile ansia e certi pensieri poco gradevoli.
E se dovesse succedermi qualcosa? Sì, proprio così, qualcosa di terribile, se dovessi morire, proprio qui, adesso, da sola?
Sola sola sola
Terribilmente sola
Senza che nessuno si accorga di lei
La paura delle paure, terribile, irrazionale, senza senso certo, ma in quel momento più reale che mai. Forse adesso che ci penso quasi una sorta di “punizione” questo morire in solitudine in un giorno di festa e celebrazione.
Di fatto è tutto qui, è tutta una questione mentale, di costrutto sociale e aspettative. Ieri e pure l’altro ieri ero da sola nella medesima situazione, anzi, l’ho proprio ricercata quella solitudine, ma oggi, beh oggi è diverso. Perché nella mia testa tutto dice che oggi è rumore, festa, casino, è stare insieme, essere con qualcuno. Tralasciando totalmente il come si sta e il perché lo si fa, il mandato è quello che insieme si è più forti e si supera tutto, perfino il salutare un vecchio anno e accoglierne uno nuovo.
Scrivere ha come sempre aiutato a prendere le distanze e ridimensionare tutto, la serata è andata avanti tranquilla in compagnia della prima serie di Friends e di una parte degli Aristogatti in tv, per poi realmente andare a letto poco dopo le 22.
Peccato che, al di là dei pensieri e delle paure che vanno e vengono, mi sono resa conto che il 31 dicembre non è affatto una giornata come tutte le altre, almeno a seconda del luogo in cui vivi (e parlo in generale di “questa parte di mondo” senza soffermarmi su tutto il resto).
Perché poco prima dello scoccare della mezzanotte è iniziato il delirio di scoppi, botti, petardi, fuochi e chi più ne ha più ne metta e in mezzo a tutto quel frastuono insopportabile ho realizzato che io non voglio vivere in un posto del genere, in mezzo a questo assoluto non senso. E questa forse è la prima consapevolezza autentica e importante di questo nuovo anno.
Assonnata, ho preso il telefono in mano e ho scritto di getto queste parole:
Trafitta dall’ignoranza
qui dove non voglio stare,
andarmene lontano
dove la natura può trionfare.
Qua ogni rumore è una frecciata nel mio petto
non voglio più spari né male al mio interno.
È tempo di pace, dentro, fuori e intorno
è tempo di amore qui e in ogni luogo.
Perdono io chiedo per chi ha fatto del male
Si fermi la mano che continua a sparare.
Quei botti frantumano i sogni che ho dentro
non sento più niente, percepisco l’inferno
Figurati poi per chi è davvero in guerra,
io me ne vergogno, voglio bene alla Terra
e noi dimentichi che siamo umani
spariamo spariamo con sudicie mani.
Sorridere un poco, sperare di nuovo
è questo l’augurio, l’auspicio che covo
E se ne ridete, ferraglie viventi
chiudete gli occhi, sfregate un po’ i denti
sentite il fastidio che scivola piano
asciugate la lacrima che riga il divano
Sbattete un po’ i piedi, cadete lontano
piangete ancora l’antico richiamo
di chi prepotente vuol sopraffare
di chi non ha niente ma sa come amare.
Il giorno dopo era davvero un giorno come un altro e adesso posso proprio dirlo: finalmente!
Buon 2025